L'università in Italia dietro le apparenze
L'università vista da vicino perde tutta la sua aurea di cui si ammantano i manifestanti, a me è capitato più volte, per motivi di lavoro, di collaborare con diverse Università, e allora vi racconto la mia umile esperienza.
- Proliferazione Selvaggia - Negli ultimi anni si sono aperte università ovunque. Tutti i capoluoghi di provincia hanno inaugurato qualche sede e hanno aperto nuovi corsi di laurea (in Emilia ad esempio sono stati aperti corsi a Rimini, Reggio Emilia, Forlì e sedi distaccate un po' ovunque). I master poi non si negano a nessuno e se qualche comune montano tira fuori un po' di soldini si può fregiare del suo master universitario. Ovviamente questa proliferazione di sedi e corsi è costata tantissimo in termini economici ed ha generato un decadimento della qualità a livelli infimi. Molte delle nuove sedi sono state finanziate con fondi una tantum di Comuni, Camere di Commercio, Regioni e Provincie e Fondazioni Bancarie. In alcuni casi si è attinto ai Fondi UE (in maniera irregolare ed a volte un po' truffaldina, perchè i fondi UE servono ad altro) . Il fine era di avviare l'università con la speranza che lo stato sarebbe poi intervenuto pagando i costi odinari (di anno in anno più elevati).
- Qualità infima - Grazie alla proliferazione dei corsi un insegnamento non lo si negava a nessuno, bastava avere una laurea e qualche amico e subito si otteneva un insegnamento a contratto. (Ho visto consulenti senza nessuna esperienza di insegnamento ottenere un insegnamento a contratto annuale che poi gestivano, esami inclusi, in totale autonomia, senza nessun controllo da parte dei prof ordinari, in altre faccende affacendati (leggi consulenze ad aziende ed enti pubblici lautamente pagate)
- Master di I e II livello a go-go - Ho partecipato al comitato scientifico di diversi Master Universitari ed ho visto come si costruiva il programma: in base alla disponibilità dei Prof e soprattutto in base alle esigenze di remunerazione di assistenti, ricercatori, e cultori della materia. Ricordo un master sui mercati finanziari in cui a forza inserirono un 25% di insegnamenti di programmazione informatica solo perchè bisognava pagare due informatici (Sic!). Ne fui schifato, alle mie obiezioni le risposte furono le più vaghe, si rinviò tutto, poi però dopo sei mesi pubblicarono il programma ufficiale e la loro propostà fu approvata dal senato accademico e in seguito realizzato.
- Prof Universitari pagati 2, 3, 4 volte - Sapete perchè si fanno i Master Universitari ? (Quei pochi privati sono molto diversi). Per permettere ai professori di essere pagati 2 o più volte. Vi spiego il perchè: un docente universitario ha poche ore di insegnamento all'anno (credo 82) che vuol dire 2 o 3 ore alla settimana. Il suo stipendio è collegato a quelle ore e all'attività accademica di ricerca, su cui però non c'è alcun controllo effettivo, per questo ha molta disponibilità per fare altro. Ebbene se insegna in un master viene pagato ulteriormente, se insegna in 2 ancor più. Le tariffe orarie nelle facoltà economiche o tecniche partono da un minimo di 100 euro fino a 200, o 300 euro all'ora. Più ci sono gli assegni per la partecipazione ai comitati scentifici (2-5.000 euro). Un docente universitario che insegna in master della sua stessa università percepisce quindi compensi che possono variare dai 5.000 ai 15.000 euro per 40 ore di insegnamento annuali che si aggiungono allo stipendio. Alle persone che sono fuori da questo mondo sembrerà assurdo ciò che dico, ma in realtà sto minimizzando. Il vero dramma è che spesso gli studenti sono l'ultima delle preoccupazioni. Ho conosciuto presidi di facoltà e rettori espertissimi nel fare budget e con una conoscenza eccezionale delle regole amministrative per eludere o piegare ai loro fini i regolamenti universitari.
Potrei andare avanti con tantissimi esempi, ma sono stanco di queste schifezze e termino con una storiella che mi ha raccontato un preside di facoltà a cena:
"Due presidi si incomtrano.
Il primo chiede: lo sai da cosa si capisce il potere di un preside?
L'altro: da quanti suoi assistenti fa diventare professori ordinari.
Il Primo: no......da quanti suoi assistenti stupidi fa diventare professori universitari Ordinari.
Lo ripeto, questa me la raccontò un preside universitario!!!!!!!
Infine un consiglio ai nostri giornalisti: andate a investigare cosa si fa veramente nelle università, quanto ci costano, a chi veramente servono, e la qualità degli insegnamenti......poi scrivete, non limitatevi a pubblicare le lettere di qualche ricercatore o peggio di qualche professore piagnone (prima andate a vedere la sua denuncia dei redditi)
5 Comments:
a) L'obbligo di legge per i professori e' di 120 ore di lezione.
b) La proliferazione di atenei,facolta,corsi va sicuramente ridimensionata. Ma non c'e' da buttare tutto. Nel 1985 solo il 25% dei 19enni si iscriveva all'Universita', adesso il 60%. Non e' necessariamente una cosa negativa
c) Gli atenei non possono spendere per stipendi piu' del 90% dei loro fondi ordinari. Quindi la moltiplicazione degli stipendi non e' cosi facile come si dice.
d) I tagli (a regime del 20%) del fondo ordinario per l'universita' colpira' evidentemente solo le facolta' che fanno didattica e ricerca di alto livello (per le quali i soldi son necessari). Quelli che non lavorano e sono in universita' solo per fregiarsi del titolo di prof. sul campanello del citofono non hanno nulla da perdere, qualsiasi sia l'entita' del taglio.
By tapkap, at 10:47 AM
@ tapkap
Per favore, non diciamo corbellerie.
Tutto si può giustificare non le, ripeto, corbellerie.
Più del 50% dei concorsi universitari è truccato (se vuoi ti porto i dati)...e perchè io contribuente dovrei pagare una Università truccata????
Vai a casa e insegna...lavora...12 ore al giorno come si fa nel mondo reale.
Per esempio, si fa un gran parlare della ricerca...io invece mi concentrerei sulla Didattica.
Vogliamo parlarne? Quanti professori, assistenti sono concentrati sulla didattica...
Libri non usati, appunti carta straccia, aule non decorose,
E poi scopri che i soldi dati dallo Stato non si discotano così tanto dalla Gran Bretagna...per esempio...
Ripeto...LAVORATE!!! perchè non avete nulla, dico NULLA, da lamentarvi.
By Azimut72, at 10:55 AM
Precisazioni sulla didattica frontale:
Per rispondere al Prof. di cui sopra allego il seguente documento predisposto da colleghi dell'Università, oppure rinvio a questo documento sul sito della rivista giuridica. http://www.diritto.it/art.php?file=/archivio/21871.html
Alcuni calcolano le ore di didattica media in 70 (sic)
DIDATTICA FRONTALE E STATO GIURIDICO DEI DOCENTI UNIVERSITARI
DOCUMENTO ADRAT-CNU DELL’UNIVERSITA’ DI PAVIA
(inviato al Rettore,Presidi di Facoltà, Senato accademico, Consiglio di amministrazione, Direttore amministrativo ed a tutti i docenti e ricercatori dell'Ateneo)
Sempre più frequentemente ci viene sottoposto da colleghi dell'Ateneo il problema della "quantità" della c.d. didattica frontale e cioè delle ore di lezioni, esercitazioni, seminari etc. imponibili a ciascun docente da parte degli organi accademici.
- Premesso che le disposizioni di legge relative ai compiti didattici dei professori e dei ricercatori universitari fanno parte del loro stato giuridico e, come tali, per comune riconoscimento normativo e giurisprudenziale (cfr.L.168/1989,art.16,c.4°), non ricadono nell'autonomia statutaria e regolamentare degli Atenei e ancor meno in quella deliberativa dei singoli organi accademici (l'attuazione della riforma c.d. del 3+2, come si sa, non è stata preceduta da una revisione dello stato giuridico, per cui le norme concernenti i doveri didattici non hanno subito modifiche);
- premesso inoltre che questa Associazione non ha mai rifiutato di affrontare il problema di un possibile aumento dei carichi didattici per i docenti universitari, purchè regolato attraverso una legge modificativa dell'attuale stato giuridico che contempli tassativamente le seguenti condizioni:
a ) salvaguardia nell'impegno globale dei docenti di un adeguato spazio per la ricerca scientifica, elemento distintivo e qualificante della docenza a livello universitario rispetto a quella della scuola pre-universitaria;
b) garanzia della libertà del docente nell'esplicazione della attività di ricerca e nella didattica;
c) congruo adeguamento della retribuzione che tenga conto del maggior impegno richiesto. Fino ad ora, infatti, tale riconoscimento è mancato e il trattamento economico dei docenti universitari, nel corso degli ultimi anni non ha beneficiato neppure di un completo recupero del potere d'acquisto, nonostante assicurazioni formali ministeriali e ordini del giorno parlamentari che impegnavano alla perequazione con il trattamento da tempo riconosciuto ai dirigenti e ad altre categorie del pubblico impiego da sempre equiparate ai docenti.
Ciò premesso, verificato che le proposte avanzate o deliberate da alcuni Organi di governo della nostra Università tendono ad imporre, al di la delle sempre possibili adesioni volontarie, una estensione della c.d. "didattica frontale" a 90/120 ore per anno accademico, riteniamo necessario offrire all'attenzione degli Organi di governo ed ai singoli docenti e ricercatori una ricognizione delle norme appunto di "stato giuridico" che al presente regolano l'attività dei professori e ricercatori universitari e delle conclusioni che, anche in via interpretativa e deduttiva, si ricavano da tali norme e principi, ricordando che la non osservanza di dette norme potrebbe aprire la strada ad un contenzioso.
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I professori universitari, a norma di quanto dispone l'articolo 6 della legge 18 marzo 1958, n. 311 hanno "l'obbligo di dedicare al proprio insegnamento, sotto forma sia di lezioni cattedratiche, sia di esercitazioni di seminario, di laboratorio o di clinica, tante ore settimanali quante la natura e la estensione dell'insegnamento richiedono e sono tenuti ad impartire le lezioni settimanali in non meno di tre giorni distinti". Il DPR 11 luglio 1980, n. 382, all'articolo 10 ha stabilito che, "fermi restando gli altri obblighi previsti dalle disposizioni in vigore, i professori devono assicurare la loro presenza per non meno di 250 ore annue. In tale monte ore si comprendono: a) l'insegnamento ufficiale; b) le attività complementari, come seminari, laboratori, esercitazioni e il ricevimento
studenti; c) la partecipazione alle commissioni d'esame e di laurea. I professori a tempo pieno sono tenuti a garantire la loro presenza per non meno di altre 100 ore annue che comprendono sia le attività complementari allo svolgimento dell'insegnamento nelle varie forme previste, sia lo svolgimento, nell'ambito di appositi servizi predisposti dalle Facoltà, di «compiti di orientamento per gli studenti, con particolare riferimento alla predisposizione dei piani di studio, ai fini anche delle opportune modifiche ed integrazioni sulla base dei risultati conseguiti dagli studenti stessi e delle loro meglio individuate attitudini e sopravvenute esigenze".
Un secondo insegnamento o altri corsi possono essere assegnati per affidamento o per supplenza SEMPRE CON IL CONSENSO DELL'INTERESSATO.
I ricercatori, a loro volta, sulla base di quanto disposto dal DPR n. 382/1980 e dalla legge n. 341/1990 non hanno l'obbligo d'impartire un insegnamento ufficiale. Le attività didattiche obbligatorie sono comprese
entro 350 ore annue per i ricercatori confermati a tempo pieno e 250 ore per i ricercatori non confermati e i ricercatori confermati a tempo definito. I corsi d'insegnamento sono assegnati ai ricercatori per affidamento o per supplenza con le stesse modalità seguite per i professori, per cui si richiede il loro CONSENSO
Le modalità di svolgimento dell'attività didattica di professori e ricercatori sono deliberate dai competenti consigli didattici, nel rispetto dei vincoli di legge.
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Dalla rassegna della normativa in vigore si può dedurre che il professore universitario ha l'obbligo di dedicare alle lezioni un numero di ore corrispondente alle settimane di lezione previste dal calendario accademico moltiplicato per i tre distinti giorni in cui le stesse devono essere impartite (considerando le festività in calendario, si ricava, dunque, un impegno medio di circa 70 ore annue d'insegnamento frontale).
Va inoltre sottolineato che, se non si vuole ridurre la didattica universitaria alla mera ripetizione delle nozioni contenute nei libri di testo, come, con maggiore giustificazione, avviene nelle scuole inferiori, ogni lezione "frontale" non può che presupporre, come ogni docente ben sa, un lavoro preparatorio di studio del docente stesso, nella migliore delle ipotesi pari alla durata della lezione "frontale". La riforma didattica, infatti, non ha fatto venire meno l'esigenza di conservare un equilibrio tra attività dedicate a didattica e ricerca scientifica che fanno parte integrante dei compiti del docente universitario.
Nell'assegnare o accettare carichi didattici aggiuntivi, particolarmente gravosi, oltre alla LIBERA SCELTA E ALL'ACCERTATA DISPONIBILITA' dell'interessato gli organismi collegiali competenti per la didattica e i singoli docenti devono inoltre tenere nel debito conto gli impegni complessivi (che comportano anche le presenze necessarie per partecipare alle sedute degli organismi accademici). Le esigenze didattiche, infatti, non possono alterare la configurazione dell'attività del docente universitario (confermata dal legislatore nel corso del tempo), configurazione per la quale la ricerca e la didattica universitarie sono funzioni inscindibili che stanno in stretto rapporto tra di loro. Sono impegni che il docente documenta nei registri che è tenuto a compilare e nei titoli e relazioni sulle attività scientifiche necessarie per accedere ai fondi di ricerca, oltre che per la progressione nella carriera di professori e ricercatori.
INCENTIVAZIONE E RIFERIMENTO ALLE 120 ORE
I doveri didattici non devono essere confusi con le disposizioni relative all'incentivazione, ove si faceva anche un esplicito riferimento alla possibilità di erogare l'incentivazione ai professori e ricercatori che si impegnassero per almeno 120 ore di lezioni, esercitazioni e seminari svolti in ogni tipologia di corso. A tale riguardo l'articolo 4 della legge 19 Ottobre 1999, n. 370 " Disposizioni in materia di università e di ricerca scientifica e tecnologica " disponeva: …. "2. A valere sui fondi di ateneo … le Università, con proprie disposizioni, erogano a professori e ricercatori universitari compensi incentivanti l'impegno didattico sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: a) riserva delle incentivazioni ai professori e ricercatori che optano per il tempo pieno e, nel caso di personale universitario medico, per l'attività intramuraria e che non svolgono attività didattica comunque retribuita presso altre Università o istituzioni pubbliche e private; b) assegnazione dei compensi: 1) ai professori e ricercatori universitari di cui alla lettera a) i quali, in conformità alla programmazione didattica finalizzata ad un più favorevole rapporto studenti-docente, dedicano, in ogni tipologia di corso di studio universitario, ivi compresi i corsi di dottorato di ricerca, nonché in attività universitarie nel campo della formazione continua, permanente e ricorrente, almeno 120 ore annuali a lezioni, esercitazioni e seminari nonché ulteriori e specifici impegni orari per l'orientamento, l'assistenza e il tutorato, la programmazione e l'organizzazione didattica, l'accertamento dell'apprendimento e comunque svolgono attività didattiche con continuità per tutto l'anno accademico".
L'incentivazione, dunque, ha riguardato solo una parte dei docenti, ha richiesto il consenso dell'interessato e non ha comportato alcuna modifica dello stato giuridico né un permanente aggravio dei doveri didattici.
La questione sembra superata con l’entrata in vigore del decreto-legge n. 105 del 9 maggio 2003 che all’articolo 1 sopprime il “fondo integrativo per l’incentivazione dell’impegno didattico dei professori e ricercatori universitari”. Il CNU si è opposto al provvedimento e ha chiesto al Ministro e alle Commissioni parlamentari che, in sede di conversione del decreto-legge detto fondo possa essere ripristinato, semmai rivedendone sia l’impostazione che le modalità di erogazione (a suo tempo avevamo proposto che, riguardo alla destinazione del Fondo d’incentivazione, vi fosse anche una consultazione delle rappresentanze dei docenti in sede locale).
Piero A. Milani - Presidente di Sede ADRAT-CNU
Giovanni Cordini - Presidente Nazionale CNU
By duca, at 11:36 AM
Meritocrazia, meritocrazia, meritocrazia...
Chi si merita i finanziamenti, li ottenga, gli altri che fanno zavorra vadano a fare altro...
By Anonimo, at 6:03 PM
d'accordissimo con l'ultimo commento. Non e' finora la linea di questo governo, purtroppo. Speriamo nel futuro si ravvedano.
By tapkap, at 6:18 PM
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